Roberta Buccellati è nata nel 1969 a Genova, dove vive e lavora. Si è diplomata nel ‘93 all’Accademia Ligustica di Belle Arti, dove ha avuto come docenti Mario Chianese, Roberta Ferrarese, Nicola Otria, Giannetto Fieschi ed Osvaldo Devoto.
Espone dal 1991. In quell’ anno ha vinto il Primo Premio alla quinta edizione del concorso di pittura “La Verna” di Chiusi della Verna (Arezzo). Nel ‘93 ha ottenuto una menzione di merito alla collettiva di Bogliasco(Genova). Da allora ha esposto in numerose personali e collettive.
Sulla sua opera hanno scritto: Francesca Bavazzano, Germano Berlingheli, Monica Bottino, Domenico Camera, Dario Ferin, Giannina Scorza.
“Una folta esposizione di opere all’Ordine degli Architetti di Genova in Piazza San Matteo, testimonia l’ubertoso art in progress dell’ultimo lustro di Roberta Buccellati. L’occhio vivido e versatile dell‘artista genovese fa centellinare al visitatore la conteplazione di una miscellania di aquarelli, disegni,pennarelli ma specialmente dipinti ad olio incentivati su quattro versanti di vedute prospettiche urbane:
la sopraelevata, il suburbio, le fabbriche, il paesaggio litoraneo.
Gli scorci dedicati alla sopraelevata (vecchio stimolo figurativo della Buccellati) nei quali essa conferma il buon equilibrio compositivo tra gli elementi più propriamente architettonici e quelli naturali, richiamano alla memoria il verso di Petrarca “poi volò fuor de la veduta mia”. Nella famosa strada a scorrimento veloce, l’artista esprime una visualità elegante. Le travi in acciaio sono dipinte con una cromia radiosa . Persino gli automezzi acquistano leggibilità,integrati come sono da un agile vitesse .
Anche le vedute delle periferie, ovvero dell‘hinterland confermano la singolare facoltà visiva ed introspettiva della Buccellati. “Raffiguro angoli di città, anche degradati, mettendo in luce il bello che c‘è dentro ogni costruzione o strada “. Tenacemente rapportata al proprio contegno lirico di adesione umanitaristica,la Buccellati adocchia intensamente le periferie di certo squallore contemporaneo, dove la campagna aveva ceduto il posto a svettanti ciminiere, i sobborghi rigurgitanti di padiglioni industriali dismessi, lo strepito dei macchinari e la fatica di lavorare ridotti al silenzio .Una realtà spettrale,trasfigurata ed una pittura fatta di orizzonti visivi nuovi, quelli degli spazi in abbandono di un’epoca postindustriale, luoghi silenziosi e muti per coloro che non ne ascoltano il vissuto emotico.
Buccellati risolve bene il problema della percezione, della veduta realistica e della rappresentazione artistica,ossia del vissuto ottico. Tende a rappresentare il prospetto meno appariscente delle costruzioni architettoniche, e questo suo ambizioso disegno sovente va ad effetto. La stessa efficacia visuale di svelta destrezza si coglie in talune sorprendenti immagini di fabbriche, dove lei ha ficcato gli occhi su architravi, piedritti e strutture oggi ridotte al silenzio, ma eloquenti dove tanta gente ha passato la maggior parte dell‘esistenza. Sono inquadrature paesistiche conturbanti perché inclinano ad uno spleen meditativo, e del resto il diradarsi del colore ed una pungente atmosfera di melanconia pervade tutte queste opere.
Infine il paesaggio litoraneo. Qui la verve della Buccellati ha gioco di equilibrare i sinuosi declivi che dalle cabine balneari conducono alle spigge familiari della riviera di levante. Le architetture aquistano una grande scorrevolezza, un elegante fulgore e rifrazione di luminosità solare .
Una mostra da non perdere”.
Dario Ferin